Non
ho mai conosciuto personalmente il grande Ungaretti, ma ho
letto molto le sue poesie. Una la recitai nel mio “famoso”
concerto del 1970 al Piccolo Teatro di Milano. Scusate se
mi permetto di chiamare “famoso” il mio concerto
di allora, ma era la prima volta che in quel teatro si esibiva
un cantante di musica leggera, almeno così mi pare…
“Di quelle case non è rimasto che qualche
brandello di muro…”.
Quando
ebbi l’idea di dedicare un album a Vinicius De Moraes,
Sergio Bardotti lo realizzò magnificamente e lo intitolò
La Vita, Amico, È L’Arte Dell’Incontro,
da un verso di Vinicius. Perché dedicare un album a
Vinicius? Perché è stato forse l‘unico
grande poeta riconosciuto dalla critica mondiale, ad essere
anche un grande autore di canzoni di grande successo con Tom
Jobim, Baden Powell, altri grandi musicisti brasiliani, e
infine con Toquinho. Il bello è che proprio per il
disco La Vita, Amico, È L’Arte Dell’Incontro,
Vinicius e Toquinho si conobberro e insieme ebbero dieci anni
di successi. Ungaretti, se non sbaglio, era stato professore
di letteratura italiana all’Università di Sao
Paulo e aveva già tradotto molte poesie di Vinicius.
E così Bardotti lo chiamò per recitarne alcune
nel disco. Fu una cosa splendida.
Quando Ungaretti ci lasciò, Leone Piccioni organizzò
una trasmissione radiofonica in suo omaggio e si parlò
anche del disco. C’erano Leone Piccioni, Enzo Siciliano
e altri che non ricordo. A un certo punto telefonò
Alberto Sordi che negli ultimi tempi era diventato grande
amico di Ungaretti. Ci raccontò che un giorno chiese
al poeta: “Maestro, ma a che serve la poesia?”
E Ungaretti col suo famoso vocione rispose: “A niente!”.
Vinicius De Moraes aveva anche scritto tante belle canzoncine
per bambini e nel disco io ne cantai una che divenne famosa,
La Casa. Poi Bardotti fece un altro disco
con le canzoni per bambini di Vinicius, L’Arca.
Io ho ancora un pappagallo comprato in Brasile nel ’68,
si chiama Paco, è simpaticissimo e un gran caciarone…
Quando era viva mia madre parlava molto di più perché
lei chiacchierava con lui tutti i giorni.
Ad un certo punto Vinicius ci diede un pezzo di carta sgualcita
con su scritto: ”Ma che bello pappagallo tutto verde
e l’occhio giallo…”. Ci mettemmo in
tre per finire la canzonetta, io, Bardotti e Bacalov e scrivemmo
Il Pappagallo.
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